Il diritto alla parità di trattamento è uno dei principi fondatori dell’Unione europea ed è riconosciuto come un diritto fondamentale di tutte le persone. Riferimenti si trovano nel Trattato di Lisbona, nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE e, attraverso le Convenzioni internazionali, le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa e gli Stati membri si impegnano a realizzare l’uguaglianza e a combattere la discriminazione.
Sia a livello europeo che di Stati membri sono state intraprese azioni specifiche per affermare la parità di genere nel mondo del lavoro, per la proibizione della discriminazione per motivi di religione, disabilità, età, orientamento sessuale, razza e origine etnica, soprattutto nel mondo del lavoro e, nel 2008, la Commissione europea ha adottato una Direttiva sull’attuazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla loro religione, dalle convinzioni, dalla disabilità, dall’età o dall’orientamento sessuale al di fuori del mercato del lavoro.
I progressi compiuti sono stati possibili grazie ad un lungo periodo di relativa pace in Europa, all’allargamento dell’UE e alla prosperità economica. Tuttavia, l’inizio della crisi economica ha sottoposto questi valori ad una forte pressione: il successo economico e la crescita sono diventati priorità da raggiungere anche a costo di trascurare alcuni diritti fondamentali, tra cui l’uguaglianza.
Nonostante il lavoro svolto finora, la discriminazione continua ad essere un problema significativo: nel 2012, il 17% degli europei (vale a dire 85 milioni di persone) ha dichiarato di essersi sentito personalmente discriminato o molestato nei 12 mesi precedenti l’indagine e la discriminazione è percepita come diffusa da oltre metà della popolazione.
Gli appartenenti a minoranze sessuali (28% degli intervistati) o etniche (27% degli intervistati) hanno maggiori probabilità di subire discriminazioni rispetto al resto della popolazione. I giovani appartenenti a gruppi minoritari specifici sono particolarmente vulnerabili, poiché affrontano la discriminazione sia per la loro giovane età sia per le loro caratteristiche personali, come ad esempio l’orientamento sessuale, l’identità di genere o l’etnia.
La discriminazione si manifesta in molte forme, può essere diretta o indiretta, può colpire le persone in modi diversi procurando un fastidio minore o un impatto più devastante, che influenza il benessere e le possibilità di vita, provocando bassi tassi di istruzione e occupazione degli appartenenti a minoranze etniche, abbandono scolastico tra le giovani vittime di bullismo omofobico e suicidi.
Ecco perché l’uguaglianza è riconosciuta come uno dei fondamenti delle società democratiche, che puntano al successo non solo dal punto di vista economico ma anche per la loro capacità di essere coese, solidali, giuste e sicure a livello del singolo, della famiglia, della comunità e della regione. Un fallimento nell’affrontare il problema della disuguaglianza comporta la destabilizzazione delle nostre società, mina la coesione sociale e gli interessi economici dell’UE.
Non si tratta solo di eliminare la discriminazione nell’accesso all’istruzione e all’occupazione, ma anche di accrescere la qualità di quei sistemi. Per fare ciò, è necessario creare un ambiente inclusivo attraverso la formazione degli insegnanti, la creazione di reti giovanili, la sensibilizzazione sui diritti e le prospettive di questi gruppi vulnerabili.
Così si raggiunge il successo economico e sociale!
Infanzia, adolescenza e transizione verso l’età adulta sono periodi fondamentali per il nostro sviluppo: gran parte del nostro tempo è speso in istruzione, nella scuola dell’obbligo, nelle università e negli istituti professionali. L’educazione che riceviamo e le esperienze che viviamo formano la nostra percezione del mondo, il nostro modo di interagire con gli altri e determinano la nostra carriera e il nostro benessere. Questa fase è per molti un momento di apprendimento positivo, per altri non lo è altrettanto. Le esperienze ed il modo in cui studenti e giovani vengono trattati da coetanei, insegnanti e istituzioni nel loro complesso, possono influenzare negativamente la loro salute e le prospettive future. È il caso dei giovani LGBTI (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Intersessuali), delle persone provenienti da differenti gruppi etnici o razziali e da specifici gruppi religiosi: tutte queste persone possono sperimentare una vasta gamma di discriminazioni, bullismo e molestie. Spesso i materiali didattici utilizzati nelle scuole non riescono a riflettere la diversità della società che rappresentano; ad esempio, i libri di testo hanno solo immagini di europei bianchi, spesso le lezioni a scuola non riconoscono il ruolo che altre nazionalità e migranti hanno avuto sullo sviluppo di un Paese, ecc. La mancanza di riconoscimento di questi gruppi nel quadro istituzionale contribuisce all’isolamento e all’invisibilità dei giovani appartenenti proprio a quei gruppi e incoraggia la diffidenza e la discriminazione. Si rileva inoltre che i pregiudizi e la discriminazione sono esibiti non solo da parte degli studenti ma anche da parte degli insegnanti, ad esempio attraverso insulti, comportamenti minacciosi, minacce di brutti voti e offese ai genitori. Per quanto riguarda la discriminazione razziale, secondo lo European Network Against Racism (ENAR), in alcuni Stati membri si assiste anche ad un livello di “ghettizzazione”, che si verifica quando alcuni bambini migranti o appartenenti a minoranze etniche sono collocati in scuole diverse, o considerati con esigenze speciali, o inseriti in classi separate. Per quanto riguarda i giovani LGBT, l’ambiente li porta spesso a nascondere o mascherare il loro orientamento sessuale, mentre il 47% lo nasconde sempre. I giovani transgender possono trovare la scuola particolarmente difficile a causa della pressione dei pari, per ragioni di sicurezza, per la quasi totale mancanza di conoscenza delle questioni transgender. È così che la maggior parte dei giovani LGBT ritiene il “coming out” un pericolo per il benessere fisico ed emotivo. A questi motivi si aggiungono la dipendenza economica ed emotiva dai genitori e dagli adulti in generale, la mancanza di modelli positivi, il rifiuto di amici e familiari, la mancanza di istruzione e comunicazione sulle tematiche LGBT, di formazione degli insegnanti e dei genitori, il mancato riconoscimento del bullismo a scuola come problema.




